Presentazione della Bio-Logica della vita

Il senso biologico delle malattie e dei comportamenti:
dalla Psicobiologia alla Bio – Logica della vita,
da H. Laborit a J.C. Badard

A guardare noi stessi in un’ottica più ampia, oltre il confine della scienza classica,
scopriremmo l’eventualità di una nuova prospettiva che, al di là della logica, diviene
bio-logica. Pensiamo ad esempio alla malattia. Siamo abituati a considerarla uno
scomodo imprevisto piovutoci addosso per caso, estraneo a noi. E, coerenti con
questo modo di viverla, affidiamo a qualcuno o qualcosa, un estraneo infatti, il
compito di guarirci, sperando anche lo faccia in fretta. E se invece entrassimo nel
significato più profondo delle nostre malattie? Se ci chiedessimo perché, proprio in
quel determinato momento della nostra vita e proprio in quella parte del corpo ci
siamo ammalati? Se comprendessimo il senso di ciò? E ancora: se la malattia non
fosse altro che una soluzione alle problematiche che stiamo vivendo? Una soluzione
già adottata da qualcuno prima di noi nella nostra linea familiare? Anzi, la miglior
soluzione data dal nostro cervello per garantirci la sopravvivenza?
A cambiare prospettiva, scopriremmo una realtà diversa, una invisibile trama nella
quale si sviluppa l’esistenza di ciascun individuo, ragnatela di fili invisibili di cui
siamo prigionieri e artefici. Fili di memorie, ereditate e trasmesse, generazione dopo
generazione. Fili che si diramano dalle nostre radici. Non siamo poi così liberi come
crediamo. “Portatori sani” noi, di un progetto inconscio dei nostri genitori, che
diventa il “progetto-senso” della nostra vita, che tuttavia “nostranon è, bensì la
loro”: genitori, nonni, magari un fratello morto, che noi rimpiazziamo, ovvio, a
nostra insaputa. E a cambiare prospettiva, scopriremmo anche che, come le malattie,
così i comportamenti, gli eventi, gli incidenti, le “coincidenze” nella “nostra” vita
sono incasellate in ritmi e cicli per nulla governati dal caso!
Ma esiste poi un modo, di sfuggire a questi fili invisibili, di afferrarli e trasformare
percorsi automatici “biologicamente programmati? Un interessante approccio
terapeutico, da questa prospettiva, ce la offre la Psicobiologia. Risalendo alle
memorie, alle sequenze emozionali non concluse dei nostri antenati, questa nuova
disciplina permette di trasformare i legami con le linee genealogiche e di evitare i
tranelli delle ripetizioni transgenerazionali inconsce. Da questa prospettiva inizia un
percorso che, lungo la fitta rete che collega il cervello inconscio, biologico,
emozionale a quello cosciente – razionale, conduce alla scoperta del nostro autentico
essere. E la guarigione, va ben oltre la soppressione del sintomo.
Le tecniche utilizzate dalla Psicobiologia sono molteplici, dal genogramma,
ricostruzione del proprio albero geneaologico familiare al geniosociogramma,
rappresentazione dell’albero genealogico, da cui emergono i differenti tipi di
relazione del soggetto in rapporto al suo ambiente. Il punto di partenza è la biologia
comportamentale di Henry Laborit. Difficile però prevederne il punto di arrivo.
Impossibile rinchiuderla in un’unica scuola di pensiero. Lo si intuisce già nei primi
minuti, durante i seminari svolti in Italia da Jean Claude Badard , uno dei più
importanti formatori in campo internazionale. Con gran disinvoltura Badard spazia
dalla Biologia alla Genealogia, dalla Simbologia alla Fisica quantistica, riuscendo a
dare unità a scienze apparentemente scollegate. E questa apertura, questa continua
ricerca, questa unità multidisciplinare, diventano un preciso sistema terapeutico in
grado di restituire unità all’essere, “scollegato nelle sue parti”e quindi ammalato.
Lui stesso, JCBadard, psicoterapeuta esperto in psicosociologia, psicosomatica,
psicogenealogia e tanto altro, preferisce definirsi, se proprio deve, un “inarrestabile
ricercatore”. Rassicurante. Con agilità JCBadard si muove lungo i fili che intrecciano
la trama di una vita, in una dimensione dove spazio e tempo non esistono più.
“Mettiamo in memoria – spiega – ogni nostra esperienza sotto forma di programmi
biologici ed ereditiamo, sin dal concepimento, memorie, emozioni, esperienze,
conflitti non risolti, vissuti nella linea materna e paterna. Ogni volta che viviamo un
problema a cui non riusciamo a dare risposta, il nostro cervello darà la sua,
cercandola e trovandola nella memoria ereditata poiché lo stesso conflitto è
appartenuto a qualche nostro antenato. Lui però, l’antenato, a suo tempo non era
riuscito a risolverlo, lasciandolo in eredità a noi come “sequenza emotiva non
conclusa”. A noi la possibilità di chiudere la stessa sequenza emotiva. Farlo è
possibile, ma solo insegnando al cervello a rivisitare gli eventi in modo diverso. “ Per
guarire – avverte J. C. Badard – non basta la volontà e non serve la razionalità. La
nostra struttura mentale lotta contro di noi e contro la guarigione, intreccia coscienza
e memoria cellulare. Occorre riappropriarsi della propria storia familiare inconscia,
delle emozioni incompiute e procedere sulla strada che ci determina nel carattere, nel
proprio modo di comportarci, nei desideri, nelle paure che ci abitano. Occorre dare il
senso personale ai fili della nostra trama”.
Occorre cambiare prospettiva.
Articolo della Dott.sa Cristina Settanni,
terapeuta e giornalista